E’ forse l’indicatore più “famoso”, il primo che viene calcolato dai novelli investitori, ma nello stesso tempo è forse tra i meno significativi. Letteralmente è il rapporto tra il prezzo corrente di un titolo e l’utile per azione (earnings in inglese). Facciamo un esempio numerico:
1. P (prezzo dell’azione) = 50 euro
2. E (utile per azione), ovvero utile totale dell’impresa diviso le azioni in circolazione = 1.550.000 euro / 1.375.000 azioni = 1,1273 euro
da cui si ricava un rapporto P/E = 44. E’ molto? E’ poco?
Cosa indica il rapporto P/E?
La prima informazione che fornisce è che occorrono 44 anni di utili costanti (e distribuiti nella stessa misura agli azionisti) per rientrare dell’investimento. Dice anche quanto gli investitori sono disposti a pagare per quel livello di utile, perchè si aspettano che venga incrementato nel futuro. A livello empirico, un rapporto P/E è considerato normale se è compreso tra 13 e 15; valori superiori evidenziano un titolo sopravvalutato (ovvero è scambiato a un prezzo troppo alto rispetto alle performance dell’impresa), mentre valori inferiori (diciamo attorno a 8-9) possono indicare titoli sottovalutati e a buon mercato.
Basta solo il rapporto P/E per investire?
Ovviamente no. E’ un indicatore che deve essere usato cum grano salis e deve essere sempre accompagnato da altre valutazioni e indagini sul bilancio. Se tutti investissero comprando azioni con P/E basso saremmo tutti ricchi, no? Diciamo che è un indicatore semplice, immediato e che fornisce delle informazioni immediate, ma bisogna fermarsi qui. Può essere utile per paragonare titoli di imprese simili o che competono nello stesso mercato, ma è davvero fuorviante se utilizzato come base per le valutazioni di investimento.
In definitiva serve o non serve questo P/E?
Come in tutti gli ambiti, dipende. Se vuoi usarlo per investire oggi e girare in Lamborghini domani no, non serve. Se vuoi acquistare solo titoli a basso P/E per rivenderli quando valgono di più no, non serve. Se vuoi utilizzarlo per avere una prima (e molto grezza) idea dello stato di salute di un’impresa, per usarlo come metro di paragone e come punto di partenza si, ha una sua utilità. Fermo restando il fatto che non esistono indicatori miracolosi o perfetti, e che quindi bisogna sempre usare la testa prima di investire.
N.B: esistono varianti più raffinate (o semplicemente più complesse) di questo indicatore. A me non piace complicarmi la vita, quindi le salto volutamente.